In tema di maltrattamenti in famiglia, il Tribunale Pescara con sentenza n. 3202/2022 stabilisce che la dipendenza da alcool non è un’alterazione patologica idonea ad escludere totalmente la capacità di intendere e di volere.
In particolare, era emerso che in un giorno di agosto 2019 il personale di P.G. della Questura di Pescara si portava presso l’abitazione familiare e trovava la donna con evidenti ferite e tumefazioni e i bambini piccoli in lacrime.
Prima dell’arrivo della P.G. il marito, verosimilmente ubriaco, aveva dapprima insultato la moglie dicendole “sei una puttana”, poi le avrebbe lanciato addosso degli ortaggi e infine l’avrebbe picchiata con calci e pugni e un arnese del barbecue, dopo aver rotto la porta di una stanza ove la donna si era rifugiata con i suoi figli.
Nell’immediatezza dell’intervento gli operanti avevano modo di rilevare che effettivamente i luoghi dell’aggressione erano in subbuglio, con evidenti tracce di sangue.
Presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale civile di Pescara, alla donna veniva refertato un “trauma cranico facciale con frattura delle ossa nasali”.
La moglie faceva presente che non era la prima volta che subiva un’aggressione ricordando un altro grave episodio occorso qualche anno prima in cui il marito l’aveva insultata e picchiata soltanto perché, contrariamente alle sue aspettative, non l’aveva trovata a letto nuda. La donna raccontava che il marito, indispettito, si sarebbe procurato un coltello e delle forbici con cui l’avrebbe colpita procurandole lesioni che la donna avrebbe curato senza ricorrere all’intervento sanitario.
La donna aggiungeva che il marito le vietava di gestire il denaro, di utilizzare un telefono cellulare e di avere le chiavi di casa.
I racconti della donna venivano confermati dai familiari che confermavano come le aggressioni fisiche e verbali ad opera del marito in danno della moglie erano frequenti e anche più volte al mese anche alla presenza dei figli minori.
Il Tribunale non ha preso in considerazione il comportamento della persona offesa che aveva, infine, rimesso la querela sporta nei confronti del marito, precisando che la remissione non incideva sull’attendibilità della persona offesa rappresentando la remissione (al più) un tentativo della vittima di riappacificare il clima familiare.
Infine, il Tribunale precisa che la patologia cui era affetto l’imputato all’epoca dei fatti (“Sindrome da dipendenza da alcool”) non si colloca tra le alterazioni patologiche idonee ad escludere totalmente la capacità di intendere e di volere del prevenuto.
Pertanto, l’imputato veniva giudicato responsabile dei reati ascrittigli.