ASCOLTO DEL FIGLIO – a che età può decidere se stare con mamma o papà?

In tema di affidamento di minori, un figlio dovrebbe sempre essere ascoltato in adempimento all’art. 12 Convenzione di New York,  dell’articolo 6 Convenzione di Strasburgo 25 gennaio 1996, ratificata con la L. n. 77/2003 nonché dell’art. 315-bis c.c. (introdotto dalla l. n. 219 del 2012) e degli artt. 336-bis e 337-octies c.c. (inseriti dal d.lgs. n. 154 del 2013, che ha altresì abrogato l’art. 155-sexies c.c.)

A norma dell’articolo 337 octies del codice civile, il giudice non potrà ignorare, specie se non ci sia accordo tra i genitori, la volontà espressa dal figlio e dovrà quindi procedere al suo ascolto.

La legge statuisce che, al compimento del dodicesimo anno di età, il minore debba essere sempre ascoltato sulle questioni che lo riguardino come, per esempio, la decisione sul suo collocamento vale a dire sulla sua preferenza di stare con mamma o di stare con papà.

L’ascolto potrà avvenire anche prima dei 12 anni, se il figlio sia ritenuto dal giudice capace di discernimento (vale a dire capace di elaborare idee e concetti in modo autonomo) valutazione che il magistrato potrà compiere senza richiedere uno specifico e relativo accertamento tecnico.

Con la sentenza n. 752/15, peraltro, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che non si può mettere in discussione l’idoneità e l’attendibilità delle dichiarazioni di un minore esclusivamente in ragione della sua età.

L’ascolto del minore è un adempimento necessario a tutela dei principi del contraddittorio e del giusto processo, finalizzato a raccogliere le sue opinioni ed a valutare i suoi bisogni, dovendosi ritenere del tutto irrilevante che il minore sia stato sentito in altri precedenti procedimenti.

Raccogliere l’opinione del figlio si renderà tanto più necessario quanto più i genitori non siano d’accordo sul suo collocamento del minore perché ove tale accordo manchi, sarà il Giudice a dover decidere e il Giudice per decidere ha bisogno di conoscere anche l’opinione del figlio.

È bene precisare che il principio di “bigenitorialità” cui deve ispirarsi l’Autorità Giudiziaria nella decisione quando assume provvedimenti relativi alla prole non significa ordinare che il figlio trascorra tempo uguale con entrambi i genitori, ma significa ottenere che i genitori siano partecipanti attivi del progetto educativo, di crescita, di assistenza della prole, in modo da creare un rapporto equilibrato che non risenta dell’evento della separazione.

Avv. Simona Russo

Avvocato Simona Russo con studio in Bergamo si occupa di diritto di famiglia, della persona e dell'impresa.

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